Titolo: Regio Sommergibile Ametista – Ricordi di un marinaio. Da Torino a Lero e ritorno.
Autore: Giuseppe Russo – Pierangelo Manuele (a cura di)
Casa editrice: Stampato in proprio
Anno di edizione: 2014
Pagine: 168
Prezzo di copertina: € 15
Il socio AIDMEN Pierangelo Manuele ha curato e dato alle stampe, con il patrocinio del Museo Civico Navale di Carmagnola di cui è stato Presidente, un volume dedicato alle memorie del sommergibilista torinese Giuseppe Russo.
Classe 1921 Russo venne arruolato dal Consiglio Leva Mare di Savona il 1.07.1940 con la qualifica provvisoria di Allievo Fuochista Artefice. Dopo un periodo di congedo illimitato, “in attesa dell’avviamento alle armi”, nel novembre del 1941 verrà destinato al deposito CREM di La Spezia.
Trasferito, nel gennaio del 1942, alla Scuola Sommergibilisti di Pola imbarcherà sul sommergibile Medusa, chiamato ad assolvere in quella piazza principalmente compiti addestrativi.
Miracolosamente scampato, grazie ad una “provvidenziale” febbre, al tragico siluramento che segnerà il destino del battello e del suo equipaggio(1), nell’aprile del 1942, terminato il corso formativo, viene quindi assegnato al sommergibile Ametista, temporaneamente dislocato a Napoli per riparazioni, su cui presterà servizio sino al 12 settembre del 1943, data in cui l’unità verrà autoaffondata nelle acque prospicenti l’abitato di Numana.
Per il nostro marinaio inizia quindi un travagliato viaggio di rientro a casa che non segnerà la fine delle sue tribolazioni posto che, in qualità di sbandato, dovrà, in più di un’occasione, sottrarsi ai rastrellamenti organizzati dalle SS presenti nelle zone di Vische e Candia Canavese, dove rispettivamente abitava e lavorava.
La pubblicazione, di gradevolissima lettura, appare ben strutturata e di grande interesse da un punto di vista storico. Gli stralci delle memorie di Russo, un “giovanotto” di 94 anni che ebbi il piacere di conoscere personalmente presso la sede ANMI di Torino, sono sempre introdotti e seguiti da un testo del curatore che consente al lettore di inquadrare i singoli episodi nell’ambito più generale del contesto bellico.
Ove necessario Manuele non manca di approfondire anche qualche aspetto tecnico che viene però affrontato con taglio divulgativo, senza appesantire la narrazione. Per integrare il racconto e ricostruire la storia operativa delle unità su cui Russo si ritrovò a servire la “Patria” il curatore ha consultato fonti primarie e segnatamente i fascicoli relativi ai battelli Medusa e Ametista conservati presso l’Ufficio Storico della Marina Militare nei quali sono custoditi i rispettivi rapporti di missione.
Questo prezioso lavoro di ricerca si è rivelato fruttuoso consentendo di portare alla luce aspetti poco noti della guerra subacquea consumatasi nelle acque del Mediterraneo. Molti passaggi meriterebbero di essere citati ma rischierei di trascrivere buona parte del volume con evidenti problemi di copyright.
Mi limiterò quindi a riportare un passo particolarmente significativo che tuttavia necessita di una breve premessa: né l’Autore del diario né il suo curatore possono, in alcun modo, essere tacciati di parzialità. Mentre il primo dimostra equilibrio nell’apprezzare gli eventi di cui fu protagonista (ivi comprese le singolari circostanze in cui maturò l’autoaffondamento dell’Ametista), il secondo non è da meno affrontandoli senza pregiudizi e con grande onestà intellettuale, comprendendosi chiaramente come l’unico scopo perseguito sia quello di ricostruire il più fedelmente possibile la storia di questi due battelli e dei loro equipaggi, senza cedere mai a tentazioni denigratorie o, all’opposto, revisioniste nei confronti dell’operato della Regia Marina.
Ciò premesso uno dei brani che più colpisce è lo stralcio della relazione che l’allora Capitano di Corvetta Virgilio Spigai inviò ai suoi superiori allorché cessò dal comando del sommergile Ametista. Nello scritto, intitolato “Alcune osservazioni sui Sommergibili Italiani nel Mediterraneo”, l’ufficiale, dopo avere evidenziato le ormai ben note carenze tecniche che affliggevano i nostri battelli unitamente alle inadeguate modalità con cui gli stessi venivano impiegati, sottolinea la difficile situazione psicologica in cui si trovavano ad operare gli equipaggi impegnati nel Mare Nostrum, così descrivendola:
“[…] il morale dei sommergibilisti del Mediterraneo risente della dura fatica compiuta con poco risultato e del naturale passaggio in seconda linea della propria opera di fronte al linguaggio dei risultati conseguiti dalle forze aeree e dai compagni in Atlantico”.
In effetti le statistiche riportate in appendice al volume lasciano poco spazio all’immaginazione evidenziando come il 77%
dei sommergibili italiani dispiegati nel bacino mediterraneo nel corso della Seconda Guerra Mondiale “non colpì nulla”, dato che diventa “ancora più sconfortante se si pensa che […] ben il 58% (11 su 19) delle navi mercantili affondate era neutrale”(2).
Anche il giudizio personale espresso da Spigai sugli ufficiali della Regia Marina nel secondo capitolo della relazione sorprende molto: l’estensore dichiara infatti che “in senso relativo non sono la parte migliore della nave” lamentando peraltro che “quasi nessuno di essi” fosse “in grado di fare il punto astronomico” e caldeggiando, per tale ragione, un più incisivo intervento del “Comando della Regia Accademia Navale”(3).
Le perplessità sollevate dalle affermazioni di questo autorevole e qualificato Comandante meriterebbero forse un supplemento di indagine che, per ovvie ragioni, non era possibile svolgere in seno all’opera. In tal senso è un vero peccato che la relazione di Spigai non sia stata pubblicata integralmente in appendice al libro(4): il contesto in cui si inseriscono le sue dichiarazioni avrebbe probabilmente aiutato a comprenderne meglio la portata.
L’immancabile caccia all’errore impone di segnalare la presenza di qualche refuso – il Comandante Spigai sbarcò dall’Ametista il 25 maggio del 1942 non nel maggio del 1943 (5) – e di un errore nella didascalia della seconda immagine contenuta a pag. 87 la quale non ritrae la Camera di Manovra ma la Camera di Lancio di un nostro battello: nulla comunque che possa inficiare la validità del lavoro svolto da Russo e Manuele che hanno saputo regalare ai navalisti un volume di sicuro interesse da cui emergono, ancora una volta, in tutta la loro evidenza, i sacrifici compiuti dagli uomini della Regia Marina nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
Preme infine sottolineare come ad impreziosire il volume contribuiscano due tavole, realizzate con tecnica mista su cartoncino, del pittore di marina Massimo Alfano, pubblicate in prima e quarta di copertina.
Note
1. Al tragico affondamento sopravvivranno solo tre membri dell’equipaggio sui sessanta uomini imbarcati di cui uno, il guardiamarina Arturo Fei, morirà poco dopo in ospedale a Pola a causa delle ferite riportate (V. Pag. 61).
2. V. pag. 133.
3. V. pag. 76.
4. La versione integrale della relazione è disponibile al seguente link: Forum Regia Marina Italiana
5. V. Pagg. 74. Nella stessa pagina il curatore ricorda un curioso episodio che ebbe come protagonista l’allora C.C. Spigai il quale rivolgendosi “ad un sottoposto che gli chiedeva perché, di fronte ad un attacco nemico, avesse ordinato un’immersione particolarmente profonda” rispose “Che farebbe la Marina senza il comandante Spigai?”. Per completezza aggiungo che il sottoposto con cui si svolse questo scambio di battute era l’allora T.V. Ottorino Beltrami, Comandante in Seconda dell’Ametista: v. Intervista a Ottorino Beltrami .
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