Carta Fari e Fanali Treves 1876

Nel sito tedesco http://www.leuchtturm-welt.net/HTML/TS/FS.HTM ho fortuitamente rinvenuto l’immagine di un segnalamento marittimo inconsueto, per la sua tipologia, nelle nostre acque nazionali (v. immagine 1).

La scritta apposta sulla fiancata non lascia però dubbi circa la peculiarità del suo servizio e la futura destinazione.

Il battello, essendo dotato di tuga, plancia di comando e alloggiamenti, è predisposto alla sistemazione del personale, tecnico e marittimo, addetto alla sua conduzione.

1 – Il battello fanale Punta Maestra

Le sue caratteristiche richiamano quelle di un altro storico battello fanale, affondato proprio in quell’area in un battente di 34 m d’acqua, ritrovato dal mio gruppo di ricerca all’inizio degli anni ’90.

Quest’ultimo segnalamento, di più ridotte dimensioni e sprovvisto di equipaggio, era situato a circa 18 miglia a N.NE. dalla odierna meda elastica, antistante alla foce del Delta del Po di Venezia (v. immagine 2).

Sulla carta delle zone pericolose del mare Adriatico, edita nel 1919 dall’Istituto Idrografico della R. Marina, era indicato con un  simbolo inequivocabile raffigurante uno scafo con un fanale inalberato in coperta (v. immagine 3).

Segnalava il limite delle acque sicure, all’esterno degli sbarramenti difensivi di torpedini, posate durante il conflitto a protezione e contrasto dalle incursioni navali austroungariche e non ancora totalmente bonificate nel primo dopoguerra.

2 – Battello fanale senza personale

Tale relitto in ferro, trovato inaspettatamente in buone condizioni di conservazione e completo del suo fanale, prima di affondare a causa di una burrasca, aveva scarrocciato per circa 8 miglia a S.O. dalla sua posizione originaria (1).

Il battello è del tutto analogo a quello sopra riprodotto dall’allora C.F. Pasquale Leonardi Cattolica, direttore pro tempore dell’Istituto Idrografico, nella sua pubblicazione “Fari e Segnali Marittimi” edita nel 1902, riportata pari pari anche nella successiva edizione del 1916.

All’interno dello scafo oltre alla lampada in ottone, ancora integra nonostante sia abbattuta in coperta, sono visibili anche i resti del traliccio porta campana.

Ritenevo che la presenza del battello oggetto del presente studio, trovasse la sua collocazione temporale nel periodo antecedente l’edificazione del faro in muratura (1895) sul litorale di Punta Maestra, poichè quella insidiosa area era rimasta, fino ad allora, sprovvista di qualsivoglia segnalamento marittimo di rilievo.

Il faro più vicino era, infatti, quello di Goro, un segnalamento di terza classe, a fuoco fisso, elevato 20 m sul livello del mare, della portata di sole 13 miglia, attivo dal 1865 (dati desunti dalla “Descrizione generale dei Fari e Fanali  esistenti sul littorale marittimo del globo – ad uso dei naviganti“, compilata da Luigi Lamberti nel 1870).

Iniziai pertanto ad esaminare la documentazione del quinquennio precedente alla edificazione di questo manufatto in quanto, come si vedrà in seguito, a partire dal 1881 venne finanziata una vasta opera di costruzione per oltre 100 nuovi segnalamenti marittimi.

3 – Carta nautica delle zone pericolose

Già all’epoca del rinvenimento del relitto, non essendo inesplicabilmente reperibile alcuna documentazione d’archivio presso Marifari Venezia, sede del comando della zona fari e segnalamenti marittimi adriatica, l’amico e collega di innumerevoli immersioni e ricerche, Pierpaolo Zagnoni, si recò personalmente presso l’USMM (Ufficio Storico della Marina Militare) a Roma senza riscontrare, nemmeno in quella prestigiosa sede, alcuna traccia della presenza di battelli faro in Adriatico.

Gli venne peraltro consigliato di rivolgersi alla Direzione Centrale di Marifari a Napoli o, in alternativa, all’Ufficio Idrografico di Genova.

Iter che ho ora ripercorso, nuovamente con esito negativo, quando venni a conoscenza della presenza di questo nuovo segnalamento.

Ritenevo che il motivo della carenza di documentazione, presso gli archivi della Marina per quel periodo, fosse da ascriversi principalmente al fatto che, fino al 1911, la gestione dei Fari e Fanali era di esclusiva competenza di un altro Ministero.

La prima legge promulgata in materia di Fari e Segnalamenti marittimi fu la n. 3095 del 2 aprile 1885, nella  quale venne redatto il “Programma organico dei fari nazionali”, affidato al Consiglio Nazionale del Ministero dei Lavori Pubblici.

Solamente con il decreto n. 568 del 17 luglio 1910 si dispose il passaggio della gestione del Servizio Fari e segnalamenti Marittimi “da codesto Ministero al quello della Marina”.

Il decreto verrà convertito in legge l’anno successivo, nel luglio 1911.

Nel 1876 l’Ufficio Centrale Idrografico della Regia Marina pubblicò il primo elenco completo dei fari italiani e ne seguì la nomina di una commissione straordinaria per il riordinamento di fari e fanali con il mandato di proporre i miglioramenti da introdursi nell’illuminazione delle coste.

Nel 1881 la Reale Commissione dei Porti, Spiagge e Fari ratificò la prima stesura del programma relativo alla segnalazione delle coste del Regno e venne così finanziata una vasta opera di costruzione per oltre 100 nuovi segnalamenti.

Nel 1885 venne inaugurato il nuovo faro in muratura di Punta Maestra, h. 45 m, portata 18,2 miglia.

Nel 1887 la Direzione Generale del Ministero dei Lavori Pubblici pubblicò una seconda edizione dell’Elenco Fari e Fanali Italiani.

In un testo, oggi di antiquariato, autore Luigi Figuier, edito a Milano dai fratelli Treves nel 1888, è riprodotta  la “Carta dei Fari e Fanali delle coste del Regno d’Italia“, stampata  dallo stesso editore ma, né in questo documento e nemmeno nei precedenti consultati, si trova menzione alcuna di battelli fanale.

A seguire un estratto della citata carta, limitata  ai settori dell’alto e medio Adriatico.

Carta Fari e Fanali Treves 1876

4 – Estratto della carta “Fari e Fanali” edizione Treves del 1876

La localizzazione della foto del battello fanale, scattata presumibilmente nelle vicinanze del sito di allestimento, avrebbe potuto costituire un buon aiuto per l’individuazione del cantiere costruttore.

L’amico Luciano Chiereghin, autorevole conoscitore delle vicende del Delta Padano, assieme al quale, a coronamento delle comuni ricerche, avevamo individuato strumentalmente il relitto del San Giorgio (F 95), era convinto che la località dello scatto fosse quella di Ancona.

Tralascerò di riprodurre in questa sede la sua accurata ricerca e comparazione fotografica, in quanto il risultato non mi persuase del tutto e nemmeno l’amministratore del sito Internet “Ancona nel tempo”, depositario di un imponente archivio fotografico cittadino, riconobbe nell’immagine una veduta della città.

Prima di ricevere questo vincolante parere, avevo preso in esame la produzione  navale della cantieristica locale. Una commessa della Regia Marina sarebbe stata, infatti, assegnata ad un Arsenale militare o quanto meno ad altro primario cantiere.

Nello specifico, optando per lo scalo marchigiano, lo stabilimento più qualificato sarebbe stato il Cantiere Navale di Ancona (CNA), operativo a partire dal 1843 fino a fine secolo, allorchè lo stabilimento acquisito nel 1899 dai Cantieri del Muggiano del gruppo Piaggio, muterà la ragione sociale in Officine e Cantieri Liguri-Anconetani, mantenendola inalterata fino al 1906, anno in cui la società assumerà il nuovo nome di Cantieri Navali Riuniti.

Nel 1973 verrà assorbita dall’IRI e nel 1984 entrerà a far parte di Fincantieri, assumendo la nuova denominazione di Fincantieri – Cantieri Navali Italiani S.p.a.

Vista la vicinanza della città dorica all’area del Delta padano, la possibilità non era affatto aleatoria ma, a causa della travagliata storia del cantiere, non mi è stato possibile rintracciare l’elenco completo delle costruzioni effettuate dal CNA tra il 1880 e la fine del secolo.

Al fine di colmare tale lacuna ho contattato sia il docente Roberto Giulianelli, professore incaricato presso l’Università Politecnica delle Marche, autore di numerose pubblicazioni inerenti la cantieristica anconetana, che l’Archivio di Stato di Ancona, nella persona del suo direttore, il dott. Carlo Giacomini.

Riporto una sintesi delle loro risposte:

Roberto Giulianelli

 …ho studiato a lungo il cantiere navale di Ancona – oggi stabilimento Fincantieri -, che è stato oggetto di alcune mie pubblicazioni…Purtroppo, la documentazione di archivio che ho potuto raccogliere non permette di ricostruire, per questo periodo, il dettaglio dei lavori eseguiti nello stabilimento, dunque non sono in grado di confermarle quanto mi domanda. Posso solo avventurarmi nel rilevare che tanto il battello in oggetto, quanto il suo committente, appaiono coerenti con l’attività svolta  in quegli anni…

Carlo Giacomini

…Questo Archivio di Stato non conserva fondi documentari inerenti i cantieri navali di Ancona, alcune informazioni si possono trovare nelle delibere dell’Archivio storico del Comune di Ancona, conservate in questo Istituto, ma non sembrano esserci elenchi delle costruzioni…

In mancanza di altri elementi  la ricerca si era purtroppo arenata, riprendendo però nuovo vigore a seguito del reperimento, presso la biblioteca della Fondazione Querini Stampalia di Venezia, dell’edizione 1916 della pubblicazione “Fari e segnali marittimi”, autori il Viceammiraglio Pasquale Leonardi Cattolica e l’allora Capitano del Genio Militare Aristide Luria.

Da tale opera si evince che:

è allo studio il progetto di un buon battello  faro da sistemarsi a Punta Maestra (Foci del Po), battello faro reclamato da tempo dai Marinai e dalla camera di commercio di Rovigo, a causa delle nebbie frequenti in quei paraggi e delle notevoli variazioni che avvengono continuamente nel delta del Po. Il battello faro sarà munito di apparecchio lenticolare a pendolo, di sorgente luminosa ad acetilene disciolto, di sirena da nebbia ad aria compressa coi relativi macchinari e di campana sottomarina dei più recenti e perfezionati sistemi e la sua sistemazione faciliterà la navigazione in quella località tanto infestata dalle nebbie, col portare il più lontano possibile dalla costa il segnalamento luminoso e, quel che più importa, il segnalamento acustico aereo e subacqueo…                                                                                       

Il periodo di riferimento era diverso da quello da me presupposto; ritenendo, però, assai improbabile che il collocamento del battello fosse stato effettuato durante il conflitto, mi misi alla ricerca degli Avvisi ai Naviganti emessi nei primi anni del dopoguerra.

Fortuitamente rintracciai un comunicato, del  22 ottobre 1925, riprodotto integralmente nelle pagine successive, di cui riporto a seguire i dati principali:

         AVVISI AI NAVIGANTI

  1. 271/539 – 22-X-1925- Punta della Maestra – Battello fanale definitivamente sostituito da boa luminosa ed a fischio – Con riferimento all’avviso ai Naviganti N. 29/49 del 1925 e precedenti si informa che: a miglia 4,1 x 100° dal faro di Punta della Maestra è stata definitivamente ricollocata e riattivata l’antica boa conica ad acetilene disciolto, sormontata da incastellatura a giorno, dipinta a strisce orizzontali bianche e nere. Tale boa è munita di fanale a luce intermittente bianca, periodo 5s (luce 0,5s, eclissi 4,5s); fiamma elevata  m. 7,7 sul mare, portata 10 miglia ….  pos. appr. lat 44°57’20” N – long. 12°34’25” E. Detta boa ha definitivamente sostituito il battello -fanale già ancorato al largo di Punta Maestra e la boa luminosa Aga che provvisoriamente funzionava in sua vece.  Venne altresì tolta la boa cilindro-conica che serviva per controllare la posizione di detto battello-fanale.                                         

Erano così rese note solamente la data di cessazione dell’attività operativa dell’unità e la sua sostituzione definitiva con una boa conica, alimentata ad acetilene disciolto, a luce intermittente bianca. Per completare il quadro era però indispensabile individuare il periodo del suo posizionamento.

La questione venne definitivamente risolta grazie al reperimento di una esaustiva relazione del Tenente Colonnello di recente nomina, Aristide Luria, riportata dalla rivista “L’elettrotecnica” del 5 maggio 1925, reperita in originale presso l’ateneo universitario patavino, che ascrive la messa in sito del battello fanale all’agosto 1924.

8 – Estratto dalla rivista “L’Elettrotecnica”

Da questa relazione, a integrazione della descrizione circa le principali caratteristiche tecniche e della composizione dell’equipaggio, si apprende che “Con il passaggio del servizio di segnalamento delle coste dal Dicastero dei Lavori Pubblici a quello della Marina, avvenuto nel Luglio 1911, il Ministero Marina, Servizio dei fari e la commissione permanente per l’illuminazione ed il segnalamento delle coste  ripresero in mano la questione della costruzione di quel battello-faro dando incarico del progetto dello scafo al Generale del Genio Navale Rota, che lo ultimò nel 1914, aggiornando e perfezionando un suo studio compilato fin dal 1905 su richiesta del Ministero dei Lavori Pubblici. Però al progetto del battello-faro completo non potè esser dato corso se non al termine della Guerra Europea; ed ora il battello-faro di cui trattasi è già stato sistemato a sito (nell’agosto 1924).         

L’unità, apparentemente di modesto rilievo, aveva in realtà una illustre genesi.

Il suo progetto  era, infatti, dovuto ad uno studio dell’ispettore del Genio Navale Generale Giuseppe Rota considerato, a ragione, il padre della moderna architettura navale militare italiana.

Probabilmente, a causa degli elevati costi di gestione oppure ad altri non specificati motivi che solo a posteriori sono riuscito a intuire, dopo poco più di un anno di esercizio, venne decisa la rimozione del battello, installando in sua vece una boa galleggiante avente similari caratteristiche luminose.

Tali costi erano imputabili, oltre all’intrinseca gestione del, seppur piccolo, ma complesso mezzo navale, anche all’onere della remunerazione di un equipaggio composto da otto marittimi che, a norma dell’apposito decreto ministeriale, in vigore dal 1 luglio 1924, considerate le condizioni di estremo disagio, ricevevano un indennità di servizio molto più elevata di quella corrisposta ai colleghi fanalisti del vicino faro, situato a terra, di Punta Maestra ove risiedevano nella sottostante struttura abitativa, sebbene in condizioni di relativo isolamento, ma assieme alle loro famiglie.

Da un consuntivo di fonte francese  si apprende che il mantenimento di ciascuno dei loro numerosi battelli faro costava sette volte più della medesima struttura realizzata a terra.

Come si vedrà però in seguito, non furono i costi di esercizio il vero motivo della cessazione dell’attività di questo segnalamento.

La causa è diversa e ne avremo riprova prendendo in esame la cronologia degli eventi successivi.

12 – Estratto dalla Rivista Marittima

Nel mese di gennaio 1925  la  “Rivista Marittima”, periodico ufficiale della Regia Marina dal 1868, anticipando l’articolo della rivista “L’Elettrotecnica”, aveva  pubblicato una relazione del Tenente Colonnello Luria, che certificava l’inizio dell’attività operativa del battello nel mese di agosto 1924.

Alla luce dei fatti fin’ora noti rimaneva ancora  da scoprire l’identità del cantiere  costruttore.

Sul web ho trovato menzione  di un testo di Amintore Fanfani intitolato “Economia e Storia – Vol. 11”, edito nell’anno 1964, laddove, a pag. 544 il politico italiano, si riferiva alle coeve costruzioni della nave traghetto Scilla e di un non meglio identificato battello fanale, avvenute nel medesimo cantiere, all’inizio degli anni ’20.

Ci è noto che il traghetto Scilla, poi ribattezzato Aspromonte, venne varato nel 1921 nel Regio cantiere navale della Marina a Castellammare di Stabia.

Giuseppe Rota ne era stato per lungo tempo il Direttore ed aveva già impostato in quel cantiere molte costruzioni per la Marina.

La notizia meritava pertanto un’indagine più approfondita.

Ho reperito l’elenco completo delle costruzioni del  cantiere di Castellammare a partire dalla prima unità impostata, la fregata MINERVA, realizzata per conto della Marina napoletana nel 1783.

13 – Dati di registro dell’Aspromonte (ex Scilla)

Allego  a seguire un parziale estratto della lista, nella quale sono evidenziate le costruzioni n. 152, n. 155 e n. 156.

La prima è genericamente classificata come “battello faro”, di 272 t.s.l., varato nel 1919 per conto della Marina militare.

Le altre due, ultimate nel 1921, sono la già citata nave traghetto Scilla appartenente alle Ferrovie dello Stato ed un altro battello faro dello stesso tonnellaggio del precedente, anche questo impostato su commessa dalla Marina militare.

Non trovo una motivazione plausibile circa le commesse concomitanti di due battelli faro di eguale tonnellaggio, presumibilmente unità gemelle dato che, nel periodo successivo alla loro costruzione, è nota l’attività solamente di una delle due unità nelle nostre acque nazionali.

L’ipotesi più verosimile, peraltro contraddetta dalla documentazione successivamente rinvenuta, era quella che, mentre uno dei due battelli, come abbiamo appreso, era destinato a Punta della Maestra, l’altro dovesse sostituire quello ligneo della Meloria che si trovava in mare ininterrottamente da oltre due decenni.

16 – Battello Faro nel porto di Genova

Quest’ultimo segnalamento è così menzionato nel testo del generale Rota del 1916: “…in Italia abbiamo un solo piccolo battello-faro, ancorato all’estremo Nord dei banchi della Meloria,  (Livorno), con caratteristica di luce fissa bianca. L’altezza del piano focale sul livello del mare è di m. 10…”.

Tale faro galleggiante non era altro che quello “costruito all’uopo durante la costruzione del Molo Galliera a Genova (1882-89) consistente in un battello in legno, lungo m. 17,60. largo m. 5,80 alto m. 3,10 munito d’apparato diottrico di 4° ordine, a luce bianca a sospensione cardanica, che vedesi rappresentato nella figura 59. Esso costò, compresi tutti gli oggetti di arredamento e di dotazione, lire 76000. Questo battello stette sull’ormeggio esposto in pieno mare per ben sette anni (dal 1882 al 1889) senza aver mai avuto bisogno di esser tratto in secco e soltanto nelle ultime settimane del suo impiego manifestò qualche leggera falla in carena. Fattevi le opportune riparazioni (che ammontarono a lire 2500) potè essere mandato a disposizione della vicina provincia di Livorno, ove tutt’ora si trova per segnalare la secca della Meloria. Si nota che durante il lungo periodo in cui funzionò questo faro, malgrado  fosse illuminato a petrolio, non si ebbe a lamentare incidente di sorta (2).

Articolo analogo venne pubblicato nello stesso anno nel vol. III della rivista tecnica “Il Costruttore”.                                         

17 – Estratto dalla rivista “Il Costruttore”

Dall’elenco “Fari e Fanali – Semafori e Segnali Marittimi” risalente al 1891, si evince che:

il battello fanale con luce bianca fissa che segnala a Nord i banchi della Meloria è stato ancorato sulla testata di  tramontana di detti banchi, in prossimità della secca Ghirlanda, cosicché le navi dirette a Livorno passando a Nord delle secche e tenendo il battello-fanale sulla dritta sono libere da ogni pericolo. Il battello-fanale è ancorato in sette metri di fondo”.

Sorvolando sugli avvenimenti intermedi, che esulano dallo scopo primario di questo studio, l’Avviso ai Naviganti N. 320 del 1920 rende noto che essendosi spezzato l’albero porta fanale [probabilmente a causa di una burrasca], il battello era stato declassato a mero segnale diurno:

“…come segnalamento diurno dell’estremo N. dei banchi trovasi ancorato, a m. 200 a S. della boa luminosa, lo scafo dell’antico battello-fanale. Tale scafo dipinto a strisce verticali alternate bianche e nere, è munito di un tronco d’albero, privo di fanale, alto m. 8 dal piano di coperta, sormontato da un cono col vertice in alto; cono e tronco d’albero sono dipinti in nero…”

Si giunge così, senza reperire altre note di rilievo, fino al 12 ottobre 1926, data nella quale viene emesso questo sorprendente Avviso ai Naviganti, il N. 246/564, che riproduco integralmente.

18 – Avviso ai naviganti n. 246 del 12 ottobre 1926

Dalle caratteristiche del segnalamento elencate al punto 1° dell’Avviso ed in virtù della concomitanza delle date, sono ragionevolmente certo che si tratti del medesimo battello fanale, entrato in servizio a Punta della Maestra nel mese di agosto 1924, rimosso nell’ottobre 1925, venendo successivamente trasferito a nuova destinazione.

Ho consultato i “Ruoli di anzianità dei personali subalterni” del Ministero della Marina, a partire dal 1928 fino al 1938, riscontrando che in tutto questo periodo il battello era presidiato, ugualmente al periodo precedente, da un numero variabile da 6 a 7 fanalisti in forza alla Regia Marina, dei quali sono elencati i dati anagrafici e le relative date di imbarco/sbarco.

Il personale di bordo non conduceva di certo una vita agevole, ma il compenso, maggiormente remunerativo rispetto agli standard marittimi dell’epoca, poteva essere allettante.

Fra i tanti addetti avvicendatisi nel tempo è singolare il caso del marinaio Valtriani Umberto, classe 1878, imbarcato all’entrata in servizio del battello, alla Meloria.

Si trovava ininterrottamente a bordo a fine 1938, all’età di 60 anni e, in base alla documentazione, non reperita per il periodo bellico, non ci è dato sapere  quando sia sbarcato.

19 – Frontespizio della pubblicazione “Ruoli di Anzianità”

Nuovi significativi dati emergono, per merito di un’ulteriore ricerca effettuata dall’amico dott. Pierpaolo Zagnoni presso la Biblioteca della Fondazione Querini Stampalia, a Venezia, ove sono conservati gli atti del XV Congresso Internazionale di Navigazione, tenutosi nel 1931, proprio nella nostra città lagunare.

Dalla disamina della relazione del Colonnello, dott. Aristide Luria, Capo della Divisione Fari presso il Ministero della Marina, oltre alle caratteristiche tecniche già note del complesso apparato illuminante, “dotato di apparato lenticolare a pendolo” per mantenere maggiormente stabile l’emissione luminosa della lanterna, si apprende che:

“L’unità [n. di costruzione 156], era stata impostata il 9 settembre 1920 presso il Cantiere Navale di Castellammare di Stabia, e varata il 12 luglio 1921. Le dimensioni dello scafo erano: lunghezza tra le perpendicolari m. 26 – larghezza fuori fasciame m. 5,840 – immersione a pieno carico circa m. 4,350. L’equipaggio è costituito da sette uomini e cioè: un Capo Battello, un Meccanico, un Elettricista e quattro Marinai”.

Più unica che rara l’immagine del battello ripreso a secco presso il bacino di Livorno.  La data è imprecisata ma, molto probabilmente, la foto è stata scattata  durante le operazioni di carenaggio effettuate  ai fini del rinnovo della classe, preliminari alla collocazione del battello nel nuovo sito, avvenuta il 12 ottobre 1926.

Da notare il generoso dimensionamento delle alette antirollio, atte ad attenuare il più possibile le oscillazioni trasversali della nave, di molto accentuate all’altezza del piano focale situato a 10 m dal piano di coperta.

Circa gli avvenimenti relativi al periodo bellico non ho rivenuto ragguagli ma posso dire con certezza che il battello è sopravvissuto al conflitto proseguendo la sua attività nel dopoguerra, di certo fino agli ultimi anni ’50 del novecento.

Da Compamare Livorno non ho ancora ricevuto i riscontri richiesti e più volte sollecitati. La comprova è però data da un comunicato del “Sailing directions for the Mediterranean”, volume II, V edizione, Washington D.C. 1958, U.S. Governement Printing Office 1962, che ne certifica l’avvenuto affondamento, con l’avvertenza che il relitto costituisce pericolo per la navigazione.

La disamina richiesta alla Guardia Costiera – Capitaneria Di Porto livornese, del registro Sinistri Marittimi, avrebbe potuto fornire la data esatta, le cause dell’evento nonché la sorte del personale coinvolto, ma non dispero di poterla ottenere  in seguito.

23 – Comunicato Sailing direction for the Mediterranean

Nel ventennio successivo il portolano 1/A dell’Istituto Idrografico della Marina, aggiornato al 1977, a pag. 211, conferma la presenza di un ignoto scafo affondato, pericoloso per la navigazione, definendone con esattezza la corretta posizione: m. 5950 x 333° dalla Torre della Meloria.

24 – Estratto dal Portolano 1/A dell’Istituto Idrografico della Marina aggiornato al 1977

Il relitto è tuttora segnalato sulle carte nautiche, la 7315, in scala 1:30000 e più dettagliatamente,  sul piano particolareggiato delle secche rilevato sulla cartografia CMap, aggiornata al 2023 del mio chartplotter, che ho evidenziato in rosso, in un battente di poco più di 10 m d’acqua.

Distanza e rilevamento corrispondono con esattezza a quelle del datato Avviso ai Naviganti.

25 – Carta Chartplotter

L’identità dello scafo sommerso e la sue vicende sono totalmente sconosciute sia agli studiosi della microstoria locale, ai quali mi sono rivolto, sia ai frequentatori dei diving rivieraschi.

Una delle più diffuse specialità subacquee consiste nell’esplorazione dei relitti da parte degli appassionati ma, dal momento che le moderne tecniche di immersione consentono al giorno d’oggi di raggiungere profondità, per me sommozzatore della vecchia guardia, considerate abissali, un ammasso di ferraglia, situato alla modesta profondità di una dozzina di metri, viene snobbato dalla categoria sempre più diffusa dei techdivers che, ignorandone l’elevato valore  storico,  prediligono  relitti maggiormente profondi, sicuramente più coreografici, ma non necessariamente così blasonati.

Rimaneva da scoprire, ma è cosa oramai di secondario interesse, in quale località ed in quale occasione venne scattata la foto di apertura di questo articolo, che reputo essere una delle poche conosciute di questo mezzo.

Confidando di reperire ulteriore documentazione avevo interpellato lo storico stabiese Antonio Cimmino, profondo conoscitore, in qualità sia di ex dipendente che di autore di alcune monografie sul Cantiere di Castellammare il quale, non menzionando la costruzione n. 152, mi riferì di essere al corrente della realizzazione del battello n. 156, di cui non gli era noto il luogo di destinazione, e di non conoscerne immagini di archivio o di cantiere.

Presso la sede dell’Unione Marinara Italiana – UMI – fondata a Milano nel 1911 e trasformata con Regio Decreto del 18 ottobre 1934  in “Associazione d’Arma Gruppi Marinai d’Italia”, era esposto questo modellino, datato 1915 c.a., la cui immagine è riportata anche dal già citato sito tedesco.

Qualora la data fosse corretta, dovrebbe trattarsi di un modello, tipo “as built“, realizzato però ante costruzione dato che, sebbene il progetto del generale Rota fosse stato ultimato già nel 1914 (cfr. relazione Luria, nell’allegato articolo della rivista “L’Elettrotecnica”, 5 maggio 1925),  entrambi i battelli sarebbero stati varati solamente tra il 1919 e il 1921.

26 – Modellino Battello Fanale

 La principale differenza tra il modello e l’unità in servizio operativo consiste nella presenza dell’antenna RT, visibile nel primo, ma non ancora installata nella foto dello scafo ripreso all’ormeggio. La presenza di una piccola stazione Radio – Telegrafica è però certa, confermata nella stessa relazione di Aristide Luria (1916).

Ho interpellato via mail il Presidente dell’ANMI – Milano per sapere, qualora il modello “ereditato” dall’UMI fosse ancora conservato in quella o altra sede sociale, come fosse inventariato ma, purtroppo a tutt’oggi, non ne ho ricevuto conferma.

A dire il vero, non molto tempo fa sono stato ospite a Milano nella suggestiva sede ANMI, affacciata sulla darsena di Porta Ticinese, intitolata alla MOVM Aristide Carabelli, ma non ricordo di averlo notato.

Nemmeno il webmaster del sito Themen-seite Feuerschiffe è stato in grado di darmi maggiori ragguagli circa la provenienza delle due immagini, scansionate da tempo immemorabile da due cartoline, di cui non ricorda con esattezza la provenienza e non gli è facile ritrovarne  gli originali.

Mi ha riferito, inoltre, che sul retro dell’immagine scansionata del battello è  annotato a mano l’anno, per me improbabile, del 1925.

Ritengo, infatti, che questa foto, proprio a causa dell’assenza dell’aereo RT, sia antecedente al periodo di servizio effettuato a Punta della Maestra.

Giunto a questa conclusione, mi rimane solamente il cruccio di non essere venuto a capo circa la sorte dell’unità gemella che, a mio giudizio, potrebbe essere stata ceduta all’estero oppure, qualora  rimasta in Italia, trasformata in imbarcazione addetta a  servizi portuali o logistici per la Marina, o alienata a privati.

Nella scheda delle costruzioni del cantiere di Castellammare, per queste due unità, non viene indicata la  motorizzazione e ciò lascia credere che ne fossero sprovviste; d’altronde, ma non è probante, l’elica non è installata nemmeno nel modello.

Sicuramente il battello era dotato di generatori ausiliari, indispensabili alla produzione di energia per i servizi di bordo ma, non avendo reperito alcuna documentazione attestante, non  è noto se il battello fanale in oggetto, fosse dotato anche di linea d’asse e macchina principale, alternativa o a ciclo diesel, per la propulsione.

27 – Articolo relativo all’incaglio del Dunkerque

Ritengo una  carenza progettuale qualora un tale mezzo, operativo dalla metà degli anni ’20, non fosse autopropulso in modo tale da poter fronteggiare condizioni  di  emergenza e posizionarsi autonomamente, senza l’ausilio di rimorchiatori.

Il battello faro francese Dyck, costruito nel 1902, (conosciuto precedentemente come Dunkerque), il cui secondo nome deriva dall’omonimo banco di sabbia dove venne posizionato, era sprovvisto di macchina di propulsione.

Nella notte tra il 13 e il 14 dicembre 1933, nel corso di una burrasca, spezzò la catena dell’ancora andando alla deriva, finendo incagliato in un bassofondo.

Sopravviveranno solo i tre marinai che si erano rifugiati nella lanterna emergente dalle acque; la tragedia costò la vita a quattro membri dell’equipaggio, compreso il capitano, François Huysman.

Questo naufragio è solo un esempio dei tanti sinistri occorsi a tale tipo di segnalamenti, giocoforza impossibilitati alla manovra, in situazioni critiche, a causa di un superato criterio costruttivo.

In conseguenza di questo disastro, il nuovo battello Dyck, costruito nel 1935, venne dotato di quattro generatori ausiliari: due gruppi da 60 HP e due da 16 HP per l’alimentazione dei servizi.

Un motore elettrico della potenza di 100 HP calettato sull’asse portaelica assicurava la propulsione autonoma dell’unità permettendo di utilizzare la macchina, nel frangente di avverse condizioni meteo, anche per alleggerire l’eccessivo tensionamento della catenaria d’ancoraggio.

Non è da escludere tassativamente che, pure per il nostro battello sia stata adottata una soluzione simile, ma non se ne ha certezza, soprattutto considerando la vetustà del progetto iniziale. In ogni caso, all’epoca della sua impostazione erano disponibili, già da un decennio, motori diesel di adeguata potenza e minori dimensioni e pesi rispetto alle macchina alternative, quali, ad esempio, il collaudato Fiat-Ansaldo S. Giorgio 2C – 116 da 650 HP, installato sulle otto unità della classe MEDUSA.

28 – Motore Ansaldo S. Giorgio

Mi è d’obbligo ricordare, a tale proposito, come la propulsione diesel elettrica per navi di superficie fosse stata sperimentata dalla regia Marina già a partire dal 1911 sulla torpediniera 88 S, di stanza a Venezia.

Il sistema adottato, alquanto diverso da quello allora impiegato nei sommergibili, era stato ideato dall’ingegnere Cesio Del Preposto.

Non mi addentrerò nei particolari tecnici che si possono trovare in dettaglio nella pubblicazione dell’USMM sulle torpediniere italiane, citata nella bibliografia.

Il motore termico che sostituì la macchina alternativa della 88 S è ancora ben riconoscibile nel relitto della torpediniera, affondata per collisione il 18 ottobre 1915, in 21 m d’acqua nel corso delle operazioni di recupero del sommergibile austroungarico S.M. U 12.

Il battello, comandato dal Linienschiffsleutnant (T.V.)  Egon Lerch,  urtò una mina dello sbarramento difensivo, a circa 6 miglia dal Porto di Lido nell’azzardato tentativo di forzamento del Porto di Venezia, l’8 agosto dello stesso anno.

Confido, che questo mio lavoro abbia colmato la carenza di notizie in merito alla presenza e alla lunga attività di questo negletto battello, operativo per oltre un trentennio in due località diametralmente opposte della nostra penisola, note entrambe per i violenti colpi di di mare dovuti ai venti dominanti di Libeccio nel  Tirreno, Grecale (Bora) e Scirocco nell’Adriatico.

 Danilo Pellegrini


Note                                                         

  1. Il battello a ruote della k.u.k. Kriegsmarine, SMS Marianna, in rotta da Venezia a Trieste con forte burrasca di bora ed in avaria per la probabile esplosione della caldaia, aveva scarrocciato una trentina di miglia prima di naufragare nella notte tra il 4 ed il 5 marzo 1852, con la conseguente perdita di tutto l’equipaggio. Il giovanissimo Francesco Giuseppe, al rientro della sua prima visita ufficiale nel Lombardo Veneto, si trovava a bordo della fregata Volta che precedeva il Marianna nel convoglio.  Pure questo relitto era stato ritrovato al largo di Punta Maestra dal mio gruppo di ricerca, ma correttamente identificato solo successivamente dal cap. A. Falconi congiuntamente al dott. Pierpaolo Zagnoni (cfr. in bibliografia di riferimento: “Sulla nave dell’Imperatore”).
  2. Estratto dalla pubblicazione “Porto di Genova MDCCCXCI” anno 1892, editore Ignazio Galeati e Figlio.

Biliografia e Sitografria

Descrizione generale dei fari e fanali esistenti sui littorali del globo, Luigi Lamberti, Livorno 1870, tipografia Fabbreschi e c., biblioteca Fondazione Querini Stampalia,  Venezia.

Album dei fari italiani, Ministero dei Lavori Pubblici, Roma, 1873.

Il Gas e le sue applicazioni, Luigi Figuer, F.lli Treves editori, Milano, 1888 – per g.c. P. Zagnoni.

Fari e segnali marittimi…, Pasquale Leonardi Cattolica, Istituto Idrografico, Genova, 1902.

Mediterranean Lighthouse 1909, sito Internet.

Fari e segnali marittimi…, Pasquale Leonardi Cattolica e Aristide Luria, parte I e parte II, stab. Doyen,Torino 1916, biblioteca Fondazione Querini Stampalia, Venezia.

Carta nautica delle zone pericolose e campi minati, Istituto poligrafico dello Stato, Roma, 1919, collezione autore.

Porto di Genova MDCCCXCI, anno 1892, Ignazio Galeati e Figlio editori.

Rivista “Il Costruttore” vol III, anno 1892, dott. Francesco Vallardi editore, biblioteca universitaria facoltà di ingegneria, Padova.

Giornale ufficiale della Marina, anno 1924, Ministero della Marina, Googlebooks.

Avvisi ai naviganti ottobre 1925, Googlebooks.

Rivista Marittima, gennaio 1925, collezione autore.

Rivista “l’Elettrotecnica”, maggio 1925, biblioteca universitaria facoltà di ingegneria, Padova.

Legislazione in materia di fari: https://www.marina.difesa.it/cosa-facciamo/per-la-difesa-sicurezza/fari/storia/Pagine/default.aspx#

Carte dei fari e fanali italiani dal 1865 al 1926.

Giornale del Genio Civile, raccolta 1916: tecnica di fari e fanali, articoli P.L.Cattolica e A.Luria, Googlebooks.

Libro Registro R.I.Na. 1931, collezione autore.

Atti del XV Congresso Internazionale di Navigazione, colonnello dott. Aristide Luria, Venezia 1931, biblioteca Fondazione Querini Stampalia, Venezia.

Ruoli di anzianità dei personali subalterni, Ministero della Marina, annate dal 1928 al 1939, Googlebooks.

Costruzioni del Cantiere Navale di Castellamare di Stabia, http://www.ilportaledelsud.org/costruzioni.pdf .

Sailing direction for the Mediterran, vol.II, V edizione, anno 1958.

Portolano del Mediterraneo – volume 1/A – aggiornamento 1977, collezione autore.

Carta nautica n°7315 1:30000, Istituto Idrografico dello Stato, Secche della Meloria.

Sito Internet: Themen-Seite: Feuerschiffe leuchtturm- welt. de .

Sulla nave dell’Imperatore, Andrea Falconi e Pierpaolo Zagnoni, Luglio editore, Trieste 2020, collezione autore.

I relitti del Golfo di Venezia , Andrea Falconi, Regione Veneto, Venezia 2015, collezione autore.

Sito internet: http://www.betasom.it/forum/index.php?/topic/45294-la-torpediniera-88s/

Le torpediniere italiane (1875-1917), Valerio M. Gay, USMM, Roma 2008, collezione autore.

I Motori Marini, G.F. Martorelli, Ministero della Marina, Sten editrice, Torino 1923, collezione autore.

Sito Internet: https://www.lavoixdunord.fr/1217674/article/2022-08-18/dunkerque-une-conference-sur-le-destin-                                                                                               tragique-du-bateau-feu-dyck-en-septembre

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