Titolo: Il sacrificio della Prima Divisione a Capo Matapan (opera aggiornata nel 2015 e pubblicata col titolo Matapan – Le voci di dentro della Prima Divisione)
Autore: Giuseppe Chirico
Casa editrice: Laurenziana Ed. Napoli
Anno di edizione: 1995
Pagine: 116
Prezzo di copertina: L 25.000 (costo della edizione aggiornata € 20)
Chi riteneva che dell’infausta notte tra il 27 e il 28 marzo 1941 nelle buie acque a sud del Peloponneso si sapesse ormai tutto, o quasi, deve dedicare qualche ora all’attenta lettura di questa agile ricerca, opera di un ufficiale superiore commissario dell’Esercito, figlio di un superstite del Fiume che, come noto, fu uno dei tre incrociatori pesanti perduti assieme a due dei loro caccia di scorta in quell’occasione.
Le “novità” sono essenzialmente costituite da un inedito messaggio radio dell’ammiraglio Cattaneo e dai risultati della Commissione d’inchiesta del 1946 per la perdita del Pola, colpito dal siluro di un aereo poco dopo il tramonto che indirettamente fu la causa della tragedia.
In particolare, il testo del messaggio del Comandante della 1a divisione incrociatori, indirizzato al Comando Squadra (ammiraglio Iachino) e trasmesso poco prima di essere sorpreso dalle corazzate inglesi nei pressi del Pola (che avrebbe dovuto rimorchiare e trarre in salvo), rivelerebbe la quasi certezza del divisionario in merito a una intercettazione delle sue navi da parte di superiori forze britanniche.
Basandosi su questo messaggio e su altri elementi, l’autore delinea una tesi di piena responsabilità del comandante in capo in merito alla discussa decisione di inviare l’intera divisione in soccorso del Pola, anziché un paio di caccia col compito di recuperarne l’equipaggio ed affondarlo qualora non in grado di muoversi con i propri mezzi.
In merito a quanto successe a bordo di quella sfortunata unità, va a merito dell’autore di essere riuscito a prendere visione della documentazione relativa (tutta?) custodita presso l’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina pubblicandone ampi stralci.
Ne emerge un quadro poco edificante, sia sotto l’aspetto dell’azione di comando sia sotto quello delle soluzioni tecniche adottate, o meglio di quelle possibili ma non messe in atto, per tentare di salvare la nave o almeno una parte della sua capacità di combattimento.
Giustamente, l’autore critica il metodo col quale furono condotte nel tempo le varie inchieste (la prima fu del 1941), quasi a non voler far emergere le vere responsabilità, salvo creare un “capro espiatorio” nel solo comandante del Pola che, seppur colpevole, non era certamente né l’unico né il principale.
Nonostante alcune improprietà di linguaggio marinaresco, che rendono talvolta un po’ difficoltosa l’esatta comprensione soprattutto delle manovre, si tratta senz’altro di un lavoro che, pur nella sua sinteticità ed essenzialità, risulta di notevole interesse storico.
Erminio Bagnasco
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