La medaglia commemorativa della campagna italo-tedesca in Africa è, senza dubbio, uno dei conii più interessanti della Seconda guerra mondiale. La possibilità di esibire nel medagliere questa decorazione venne concessa, durante e dopo il conflitto, anche al personale della Regia Marina (poi della Marina Militare) ed è questa la ragione per cui riteniamo utile ricostruirne, brevemente, la storia.
Secondo quanto riportato da alcune fonti e dalla letteratura di settore, il nastrino della medaglia – i cui colori riprendono, in sequenza, quelli della bandiera italiana e tedesca – sarebbe stato istituito nel 1942 ed inizialmente “tollerato” sulle uniformi dei combattenti italiani (1).
L’autorizzazione a fregiarsene venne ufficializzata il 7 gennaio 1943 con un telegramma inviato dal Generale Magli a SuperLibia di cui riproduciamo il testo:
7 gennaio 1943 XXI
Da Comando Supremo (Reparto III – Affari Generali)
A SuperLibia
Nr.105/A.g././Riferimento foglio n° 030/10775 data 25 dicembre/./
– DUCE autorizza applicazione sulla uniforme del nastrino proposto da cotesto Supercomando salvo successiva regolarizzazione /./ 191007 – Generale Magli
Il bozzetto originario della medaglia – il cui disegno sarà modificato, per ragioni di opportunità politica, alla fine della seconda guerra mondiale – fu ideato e realizzato da Giandomenico de Marchis, uno scultore, non certo inviso al regime fascista, che poteva vantare un discreto credito anche a livello internazionale (2).
L’artista, originario del Monferrato, scelse di riprodurre, sul dritto, l’Arco dei Fileni, la porta monumentale fatta erigere da Italo Balbo al confine tra la Tripolitania e la Cirenaica cui si accompagna la scritta, apposta sulla cintura esterna, “Italienisch-Deutscher Feldzug in Afrika – Campagna Italo-Tedesca in Africa” (3).
Nel conio realizzato durante il periodo bellico appaiono anche, al di sotto e ai lati dell’arco, i simboli di casa Savoia (il nodo sabaudo), del regime fascista (il fascio littorio) e di quello nazista (la svastica).
Sul rovescio della medaglia il De Marchis decise invece di rappresentare due soldati, personificazioni dell’esercito italiano e tedesco, intenti a lottare con un coccodrillo, simbolo dell’esercito britannico, a cui cercano di aprire le fauci.
Il bozzetto venne esposto al pubblico nella “Prima mostra degli artisti italiani in armi” inaugurata al Palazzo delle Esposizioni di Roma il 7 giugno del 1942.
La medaglia, realizzata in bronzo, venne quindi prodotta dalla ditta Lorioli di Milano: misura 31 mm di diametro e presenta un attacco a cambretta.
Cessate le ostilità questa decorazione continuò ad essere coniata in una versione “denazifascistizzata”, privata della svastica e del fascio littorio.
Note
1. V. Alessandro Brambilla, Le medaglie italiane negli ultimi 200 anni, volume secondo, pag. 810 e Roberto Manno, Il cerchio e la Croce, pag. 236 e ss.
2. Giandomenico de Marchis nasce, a Villadeati, in provincia di Alessandria, il 24 ottobre 1893. Dopo aver frequentato la sezione artistica dell’Istituto Professionale di Torino intraprende, come ufficiale, la carriera militare nel corpo dei Bersaglieri, esperienza a cui deciderà di porre fine nel 1935 per dedicarsi completamente alla scultura. Nel 1936 prende parte alle “Olimpiadi dell’Arte di Berlino” e, tre anni dopo, nel 1939, tiene una personale a Burgos inaugurata dall’allora ministro degli interni spagnolo Ramón Serrano Súñer. Nell’ambito della mostra il de Marchis presentò anche un busto del Generale Franco e uno della consorte María del Carmen Polo y Martínez-Valdés di sua realizzazione. Ritornato a Roma esporrà le proprie opere in gallerie pubbliche e private. Muore in Brasile nel 1967.
3. L’opera, invisa al regime del generale Gheddafi, che la riteneva un simbolo del giogo colonialista, venne demolita nel 1973.
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